Presentazione di Dino Cassone

«Lasciate ogni pregiudizio, o voi che entrate!». Potrebbe essere questa la frase incisa sulla porta d'ingresso per "l'universo di Scarlet Lovejoy", nel quale trovano perfetta sintesi l'Inferno della trasgressione, il Purgatorio dell'irriverenza quasi dovuta e il Paradiso del talento artistico. Un universo dove non ci sono vie di mezzo: Marco Iannaccone, in arte Scarlet Lovejoy, suscita adorazione o irritazione. E basta guardare il suo profilo social prima e alle sue opere poi, per capire che siamo davanti comunque a un artista: barocco, pop, irriverente e molto provocatorio.L'artista come la persona, tanto da definirsi «sopra le righe e che ama esplorare le possibilità di cambiare e di essere sempre qualcun altro. Una diva ma solo all'apparenza, non solo una donna ma anche un uomo. Ognuno di noi ha un lato maschile e un lato femminile. Io metto entrambi nella mia vita». Insomma, nessun atteggiamento tormentato.

Un universo eterogeneo, complesso e di non facile interpretazione, va detto per dovere di cronaca. Intanto perché ci troviamo di fronte a una tecnica d'espressione già di per sé originale: la fotografia che si contamina con la grafica. Laureatosi a tempo di record nella specialistica in "Fotografia come linguaggio d'arte" presso l'accademia di Belle Arti di Napoli, Iannaccone si ritiene un "Foto/Grafico", pur riconoscendo quanto sia difficoltoso trovare una definizione.

Difficile restare indifferenti all'opera fin qui prodotta da Marco/Scarlet. "Gli Arcani Svelati" e "Santità metropolitane" che pullulano, con il suo folgorante bianco e nero, di continui rimandial re incontrastato, l'americano Robert Mapplethorpe. Nel primo progetto ci vengono proposti scatti angoscianti e densi di oscuri segreti, quasi a voler svelare, proprio come le misteriose antiche carte, i lati più neri della società odierna. Nel secondo, le iconografie religiose si mischiano al quotidiano: i martiri che ci sono stati consegnati dal passato e che fanno parte dell'immaginario collettivo sono diventati i martiri di oggi. Ed ecco che tra nobili profili di affascinanti santi e sofferenti volti di matres dolorosae, spicca lo stesso artista "crocefisso" dai malesseri del mondo.

Richiami pop che spesso sconfinano nel grottesco li ritroviamo nel progetto dal titolo "Plastic Art Trash", appunto, dove Marco/Scarlet ci afferra per mano e ci trascina nella sua personalissima visione di capolavori dell'arte: da "Ofelia" di Millet, a Frida Kalho, dalla "Medusa pietrificata" di Caravaggio alla "Gioconda" leonardesca. E ancora Botticelli, Michelangelo, Bocklin, Goya, Picasso e tanti altri, in un crescendo che ci porta fino alla personificazione dello stesso artista ne "L'urlo" di Munch. Un urlo di "disperazione creativa" che trova la sua summa nella splendida composizione originale dal titolo "Mors Partenope - Abyssus abyssum invocat".

Nelprogetto dal titolo "Homebook" possiamo scorgere richiami alle surreali e caricaturali opere barocchedel fotografo americano David LaChapelle. I variegati occupanti di un condominio osservati, senza freniinibitori, attraverso uno spietato spioncino: donne al limite come la sposa suicida "Abban Donata", la perduta "Nancy Brilla", la divina "Marylin Star" o la devota "Signora Trapassati"; oppure scene di ordinaria follia, come "A.Cornate", "Bondage & Clyde", "Croce& Delizia - S.M System" e "C.Danno E.Beffa".

In "Sindrome di Saturno" la musa ispiratrice è senza dubbio la malinconia che prende corpo attraverso ricordi personali dell'autore: dai paesaggi autunnali alle marine desolate, luoghi di partenze e di abbandoni, oggetti, ombre, scale e strade. In questa serie di struggenti scatti viene fuori prepotente l'eclettismo di Marco/Scarlet e il suo sapiente uso ora del colore ora del bianco e nero. Così come in "Lost" il filo rosso che pervade gli scatti è il senso della perdita: dalle persone care ai capelli, dai treni alla verginità, fino alla desolante perdita dell'innocenza o addirittura della vita stessa. Secondo Marco/Scarlet si può perdere anche la vita facendo coming out nel caso dei gay oppure l'identità nel caso dei transessuali. Così come si può perdere il senno e il proprio io interiore. Tutto questo l'autore lo spiega con leggerezza e ironia, senza mai perdere il suo personale filtro della drammaticità.

Lo stesso filtro che il nostro artista utilizza per analizzare alcuni reati trasformandoli in istanti di arte pura. Parliamo del progetto "Società in arresto", che già nel titolo gioca con il doppio senso. Reati commessi per cose futili come l'esclusione dal mondo dei social o della tv spazzatura, a quelli più pesanti e orribili, come l'infanticidio, il femminicidio o quelli commessi per la ormai dilagante crisi economica. Non poteva mancare certo la Chiesa e i suoi reati celati tra colonnati e sagrestie: pedofilia e omosessualità latente o manifesta. Curiosamente si tratta proprio dell'omosessualità condannata come il più grave dei reati dalla stessa Chiesa.

Discorso a parte è il progetto dal titolo "Self Photo Words", in cui è condensata tutta l'arte stilistica e visionaria di Marco/Scarlet al servizio di un solo unico protagonista: se stesso. Sono autoscatti, molti all'insegna dell'irriverenza come "La truccata Sindone" o "…E quanto ci piace chiacchierà!!!", moltissimi quelli che inducono alla riflessione più pura perché trattano di solitudine che porta al suicidio oppure di violenza psicologica dei mass media. Meraviglioso l'uso plastico delle mani che fanno da cornice al suo volto in primo piano, in "Noli me tangere" dove non è l'alterigia dell'artista a sussurrare l'evangelica frase, quanto lo spirito di conservazione verso le brutture che lo circondano.

La summa delle provocazioni e del doppio,Marco/Scarlet la raggiunge, a nostro modesto avviso, negli scatti di "Intimità riflessa", che sono di una struggente bellezza. Il tema della transessualità e del mistero della genetica è trattato con poetica carnalità, con dolorosa fierezza del proprio corpo "in divenire", dove ogni minimo particolare non è mai lasciato al caso, come i piedi volutamente sporchi del soggetto ritratto, di caravaggesca sensualità.

E veniamo infine all'ultimo progetto, dal titolo "Identità Smarrite". Una serie di figure, variegate nel genere e nel tempo. Tutte senza volto:spersonalizzate e angoscianti. Anime disperate che urlano alla ricerca della propria identità. Perché come lo stesso Marco/Scarlet ha dichiarato: «Abbiamo perso la faccia», e non solo. Un lavoro frutto della consapevolezza che la personalità sta scomparendo pian piano, che siamo orientati ormai verso la massificazione e che essere e restare dei "diversi" fa ancora paura a molti. Protagonista unico di questi scatti è ancora lui, l'artista, che si cela sotto i molteplici abiti. Appendice di questo progetto è la serie di scatti dal titolo "Pietas morbi":belli da togliere il fiato. Belli perché coraggiosi, a dimostrazione che si può creare arte dal dolore, perché è proprio la rappresentazione del dolore, quello del suo amico Stefano alle prese con il suo personale calvario, il filo conduttore. Stefano è ammalato e Marco/Scarlet lo cattura con cruda precisione sin nelle pieghe e nelle piaghe più profonde. Un corpo possente che alla fine rivela tutta la sua fragilità, mentre i tratti dell'affascinante viso restano fieri nonostante siano alterati dalla sofferenza. Eppure Marco/Scarlet è là, affianco al suo amico, sempre vigile e presente con tutto il suo amore che diventa capolavoro artistico nell'esplosiva trasfigurazione della "Pietà" michelangiolesca.

Dino Cassone